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Previdenza

QUOTA 100 versus FORNERO?

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Quota 100, ovvero andare in pensione prima del traguardo previsto dalla legge Fornero. Se ne parla con comprensibile interesse, anche se per conoscere i dettagli dovremo aspettare i relativi decreti attuativi. Nel frattempo cerchiamo di capirne un pò di più.

QUOTA 100

Cominciamo ad inquadrare gli elementi che, allo stato, appaiono più probabili. Sembra che potranno accedere a “Quota 100”, i lavoratori che a 62 anni (requisito minimo di età), abbiano accumulato almeno 38 anni di contributi.

Non vale quindi una quota 100 pari, ad esempio, a 60 anni di età con 40 anni di contributi. Se poi a 62 anni compiuti non avessi ancora maturato i 38 anni di contributi, attenderò uno, due o tre anni, fino a raggiungere il requisito minimo per accedere a “Quota 100” (anche se in realtà sarà una quota 101, 102,103 e così via…).

RIFORMA FORNERO

La legge Fornero prevede invece due ipotesi di accesso alla pensione:

  • la pensione di vecchiaia, con 66 anni e 7 mesi di età con almeno 20 anni di contributi.
  • la pensione anticipata, con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini; 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne.

Per le due fattispecie è stabilito inoltre l’adeguamento alla speranza di vita. In ragione di ciò, dal 2019 ci si aspetta un aumento di 5 mesi (“vecchiaia”: 67 anni di età; “anticipata”: 43 anni e 3 mesi di contributi per gli uomini e 42 anni e 3 mesi di contributi per le donne), anche se il Governo sta valutando di bloccare l’adeguamento dei requisiti relativi alla pensione anticipata (che dunque resterebbe ancorata alle ipotesi attuali). È in discussione anche la quantità di contributi figurativi (es. periodo militare, maternità, malattia, …) utilizzabili nel calcolo di Quota 100 (si ipotizzano due anni). Sottolineiamo che, al momento, si tratta solo di ipotesi; è bene essere prudenti e attendere maggiori sviluppi.

COSA SUCCEDE ORA?

In queste settimane ci vengono sottoposte parecchie richieste da parte di associati che hanno iniziato a lavorare molto presto:

“a dicembre compio sessant’anni, ho iniziato a lavorare a 17 anni ed ho già 43 anni di contributi. Ho quasi maturato i requisiti “Fornero”, non è che debba aspettare i 62 anni per andare in pensione?”.

Li tranquillizziamo: Quota 100 non smantella la “Fornero”, si configura semplicemente come una ulteriore ipotesi di uscita, in aggiunta a quelle in vigore.

Ricordiamo poi che, oltre alle fattispecie di pensione già indicate, esistono altre “corsie” di accesso alla pensione, come l’opzione donna o la pensione dei precoci: altri tasselli che compongono il complesso mosaico che rappresenta la normativa pensionistica in essere. Un quadro, tra l’altro, che si sta evolvendo, anche grazie alle proposte del Governo.

GLI IMPATTI DELLA NUOVA RIFORMA

Nell’attesa di sapere come si chiuderà l’iter legislativo, possiamo simulare gli effetti di un accesso alla pensione attraverso “Quota 100”, confrontandolo con la pensione “Fornero”.

A tal fine occorre ripartire dalla legge “Dini” (335/95) che, ancor oggi, convive con “Fornero” (…e che conviverà con “Quota 100”). L’importante norma stabilisce come si calcolano le pensioni degli italiani, distinguendo tra metodo “retributivo” “contributivo” e “misto”.

I primi teorici beneficiari di “Quota 100” saranno gli “ultrasessantaduenni” di oggi, i quali, presumibilmente, avranno iniziato a lavorare attorno al 1980, o anche prima (qualora abbiano perso qualche anno di contribuzione): la loro pensione dovrebbe quindi essere calcolata con il metodo “misto” (indicativamente: 18 anni di “retributivo” e 20 di “contributivo”). Ipotizzando, per questo caso, un anticipo di 5 anni rispetto alla pensione “Fornero” potremmo giungere ad una diminuzione dell’assegno nell’ordine del 20%. L’impatto sarebbe ovviamente inferiore nel caso di anticipi più brevi.

È l’effetto dell’applicazione del metodo contributivo per cui, nel caso ipotetico di una pensione interamente contributiva, la riduzione sarebbe anche maggiore.

Vediamo le cause.

  • nel “contributivo” vige la regola “minor contribuzione = minor pensione”. Nell’esempio si ipotizzano 38 anni (Quota 100) contro 43 anni (Fornero): 5 in meno;
  • il “contributivo” prevede che, ai contributi previdenziali, si applichi una rivalutazione determinata a partire dal tasso di crescita del PIL: 5 anni in meno significa rinunciare alla corrispondente rivalutazione;
  • nel contributivo, il “montante” che si ottiene sommando contributi e rivalutazioni sarà trasformato in pensione attraverso l’applicazione di un “coefficiente di trasformazione”, che rappresenta gli anni durante i quali, prevedibilmente, si potrà godere della pensione. Si intuisce subito che tale indice a 62 anni rappresenta un periodo più lungo rispetto a quello applicato a 67 anni. Se dunque il montante contributivo è frazionato in un periodo più lungo se ne otterrà un assegno pensionistico inferiore.

E I LAVORATORI COSA NE PENSANO?

Nelle tante assemblee che in queste settimane abbiamo avuto il piacere di organizzare in giro per la regione, abbiamo constatato un complessivo apprezzamento per l’opzione offerta da Quota 100. In particolare, chi è già associato a Solidarietà Veneto non teme la riduzione dell’assegno perché ha già programmato, attraverso il fondo, un piano di integrazione.

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